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E se non fossimo scatole da riempire?

Novembre 5, 2021 by barbara Lascia un commento

Sarà capitato anche a te di conoscere insegnanti, di lingua e non, con un approccio all’insegnamento piuttosto… standard. Si incontrano nuovi concetti, nuove parole, nuove nozioni? Le si scrive in una bella lista per impararle a memoria. E via così, lezione dopo lezione.

Io ne ho avuti un paio, di professori così, ma quando sei adolescente hai già una scarsa consapevolezza di come funziona l’apprendimento, figuriamoci l’insegnamento. Una cosa però l’avevo notata: a furia di accumulare “cose”, dopo un po’ la mia testa non tratteneva più niente. Anzi diciamo pure subito.

Per fortuna oggi (ma già allora, a dire il vero) si può attingere da una ricca biblioteca di studi che dimostrano che le liste decontestualizzate servono a ben poco.

Eppure, mi sono resa conto che nel percorrere il mio (personalissimo) percorso di apprendimento dell’inglese inciampo molto frequentemente in quegli stessi errori che contesto ai professori di cui sopra.

Cerco disperatamente fonti che possano aiutarmi ad assorbire nuovo lessico, che pretendo di imparare a usare dopo una sola esposizione, per poi rendermi conto di andare completamente in panico quando sarebbe il momento di mettere in pratica tutta quella conoscenza che ho cercato di auto-inculcarmi nella testa.

Il risultato è prevedibile: mi deprimo, penso di non sapere nulla, penso che tutti i miei sforzi siano stati vani o di non essermi impegnata abbastanza.

E poi, come spesso accade, succede qualcosa che mi desta dal torpore (o dall’ostinazione!).

Per esempio questa settimana mi è capitato di fare un lungo colloquio in inglese con una persona dalla personalità molto calma. La circostanza in cui ci siamo ritrovati mi aveva ulteriormente fatto rilassare: basse aspettative reciproche legate alle nostre caratteristiche personali, elevato interesse per un medesimo scopo. La lingua inglese – in quel momento – era il mezzo, non il fine.

Che poi non è forse questo il senso della lingua? Comunicare? Fatta eccezione per il caso meta-linguistico (cioè parlare della lingua stessa) la risposta è sì.

Insomma, per una volta ho lasciato da parte i dubbi e le incertezze e ho dato valore a ciò che già sapevo, scoprendomi a utilizzare espressioni e parole che non avevo mai usato.

E se non fossimo scatole da riempire?

Forse, più che inserire nella scatola un’elenco di cose che non sappiamo e che dovremmo sapere, avremmo bisogno di qualcuno (o qualcosa) che ci permette di arrivarci da soli, con i nostri tempi e le conoscenze che già abbiamo.

Un insegnante madrelingua con cui conversare, un libro che ci racconta una storia da scoprire, una situazione da affrontare.

Può essere anche un film, non importa, basta considerarlo un’esperienza… non qualcosa da inserire nella scatola.

Fammi sapere che ne pensi, se ti va.

 

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Quella sana ossessione per ciò che davvero ci piace

Ottobre 28, 2021 by barbara Lascia un commento

Le hai provate tutte, eh?

Hai provato a leggere notizie in inglese tutti i giorni, ad ascoltare canzoni in inglese, a leggere un libro in inglese e ti sei pure iscritto/a a una newsletter per ricevere contenuti in inglese direttamente al tuo indirizzo email.

Le hai provate davvero tutte per crearti una routine, per sforzarti di fare pratica in inglese ogni giorno, per cercare di ampliare il tuo vocabolario, di migliorare il tuo accento, di acquisire più sicurezza quando è l’ora di parlare.

Ma mantenere la motivazione alta è tanto difficile quanto essere costanti nello studio, lo so.

E allora lascia che ti racconti cosa mi è successo ieri.

Ieri è stato un giorno triste, uno di quelli che lasciano il vuoto – più che dietro – davanti a sé. Ieri è il giorno in cui ho finito la mia serie tv preferita (dell’ultimo mese, chiaro).

(Si tratta di Sex Education, te ne avevo già parlato qui, ti ricordi?)

Ebbene, se anche tu sei un/una tv series addicted allora mi capirai. E forse anche tu, in questi momenti, hai fatto quello che ho fatto io, cioè ti sei messo/a a cercare in tutti i modi di far proseguire “la magia” ancora un po’, magari guardando interviste agli attori, backstage e correlati.

Io, per esempio, ho sviluppato una certa ossessione per l’attrice Gillian Anderson, che ho trovato meravigliosa tanto in X-Files (nel ruolo dell’agente speciale Dana Scully) quanto in The Crown (nel ruolo di Margaret Thatcher) e appunto in Sex Education (nel ruolo di Jean Milburn, la mamma di Otis).

Così, ho passato un intero pomeriggio a guardare video come questo e questo. (Sì, avevo del lavoro da fare… appunto).

Stai pensando che io abbia perso un sacco di tempo, vero? Anch’io lo pensavo. Finché non mi sono resa conto di essermi letta decine di pagine e di aver ascoltato decine di interviste… in inglese e senza sottotitoli.

Senza rendermene affatto conto, giuro. Mi sono esercitata in inglese per ore senza accorgermene.

La mia nonna mi ha insegnato che “tutto fa brodo”, ma devo dire che quando alimento quella sana ossessione per ciò che davvero mi piace, il brodo viene decisamente bene.

 

E tu? Qual è la tua ossessione?

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5 newsletter a cui iscriversi per migliorare l’inglese con costanza

Ottobre 21, 2021 by barbara Lascia un commento

Questa settimana il mio insegnante di inglese mi ha dato un consiglio per raggiungere, piano piano, uno dei miei obiettivi linguistici. L’obiettivo in questione è quello di affrontare testi in inglese che non sono related to my field. Per farlo, mi ha consigliato di iscrivermi a una newsletter che regolarmente possa inviare alla mia casella di posta dei contenuti che normalmente non metterei nella mia “dieta mediatica”, ma che sarebbero molto utili per farmi uscire dalla comfort zone.

In effetti, questa idea è davvero buona. Una volta individuata la newsletter a cui iscrivermi, non devo fare altro che aspettare la mail e poi leggerla. Di solito, posso decidere io la frequenza: giornaliera, settimanale o bisettimanale, talvolta mensile. Inoltre, spesso i giornali o i blog online che offrono tale servizio gratuito, prevedono diversi tipi di contenuti: alcuni più brevi e altri più lunghi.

Quello che ho scoperto mi è piaciuto moltissimo ed è per questo che ho deciso di condividere con te le cinque newsletter a cui potersi iscrivere per migliorare l’inglese con costanza.

PS. Non so esattamente quale sia il tuo field, per questo ne ho scelte cinque tutte diverse 😉

***

1.The Economist (economia e società)

Iscrivermi alla newsletter di The Economist è stato un suggerimento del mio insegnante di inglese e devo dire che – dopo un’iniziale riluttanza – ho trovato le scelte proposte dalla versione digitale di questo famoso settimanale inglese d’informazione politico-economica molto interessanti. Infatti, una volta registrati sul sito e aver effettuato il login, si possono esprimere preferenze nella ricezione dei contenuti, scegliendo tra (te le scrivo in inglese, così da entrare nell’ottica ok?):

  • The Economist this week: Highlights from the latest weekly issue, introduced by our editor (settimanale)
  • The Economist today: The very best of our journalism, handpicked for you each weekday (da lunedì a venerdì)
  • The Climate Issue: Climate-change analysis that you won’t read elsewhere in The Economist. (Fortnightly – ovvero ogni due settimane)
  • Checks and Balance: Exclusive insight and reading recommendations from our correspondents in America. (settimanale)
  • Off the Charts: Off the Charts takes you behind the scenes of our data journalism.(settimanale)
  • The Extraordinary Story: Long reads and life from 1843 magazine.(settimanale)
  • Money Talks: Expert analysis of the biggest stories in economics, business and markets. (settimanale)

Iscriviti qui alla newsletter di The Economist.

 

2.Brainpickings (libri e psicologia)

Apparentemente, Maria Popova recensisce libri per vivere. Tuttavia, Brain Pickings rivela rapidamente che è, in effetti, la condizione umana che è effettivamente sotto esame. Lungi dal cadere in angoscianti analisi psicosociali, viscide riflessioni culturali o focose opinioni politiche, Popova cura una fertile discussione olistica e interdisciplinare che ti incoraggia riflettere sulla tua vita, e magari a renderla pure un po’ migliore.

Iscriviti qui alla newsletter di Brainpickings.

 

3.Online Italian Club (italiano e apprendimento linguistico)

Non devi essere un esperto linguista per apprezzare il contenuto delle lunghe emails che Daniel, il direttore di una scuola di italiano per stranieri con sede a Bologna, invia tre volte a settimana al suo fedele pubblico di learners della lingua italiana. E anche se a te, evidentemente, non interesserà imparare la tua lingua madre, potresti apprezzare i numerosi tips che Daniel riserva a chiunque stia cercando di imparare o migliorare le proprie competenze linguistiche in una qualsiasi lingua straniera (lui stesso ne sta imparando cinque!), specialmente perché sono tutti scritti in inglese… da un insegnante di inglese.

Iscriviti qui alla newsletter di Online Italian Club.

 

4.The Moz Top 10 (Marketing e SEO)

Non è necessario essere un digital marketer per apprezzare ciò che questa newsletter ha da offrire. In effetti, se hai un’attività ed è in qualche è modo toccata da Internet (e quale non la è!), faresti bene a inserire questo riassunto quindicinale sulla SEO (Search Engine Optimization) nella tua routine. Anche se non rientri in nessuno di questi campi, leggere ciò che leggono i professionisti ti darà preziose informazioni su come utilizzare la tecnologia a tuo vantaggio.

Iscriviti qui alla newsletter di The Moz Top 10.

 

5.Lonely Planet (viaggi)

Per gli appassionati di viaggi le guide della Lonely Planet sono una specie di Bibbia e non vedo perché anche la newsletter del sito web di questa famosa casa editrice fondata dai viaggiatori Tony e Maureen Wheeler non possano diventarlo. Tra l’altro, l’iscrizione prevede la scelta tra diverse tipologie di contenuti: una newsletter settimanale, una giornaliera (weekend escluso), una dedicata ai viaggi con i bambini.

Iscriviti qui alla newsletter della Lonely Planet.

 

Sarei proprio curiosa di sapere a quali di queste 5 newsletter in inglese gratuite ti iscriveresti o ti sei iscritto/a. Io per ora ne provo tre… indovina quali 😉

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Piuttosto che niente…

Ottobre 14, 2021 by barbara Lascia un commento

Non so se hai presente come stavamo l’anno scorso. Io lo ricordo molto bene, specialmente quella desolante sensazione di non poter fare piani per il futuro.

Questo ottobre invece, grazie all’impegno di molte persone, sembra che le cose stiano “tornando alla normalità”.

Per farti un esempio molto personale, in questo momento sono appena rientrata in ufficio dopo aver fatto “una scappata” per iscrivermi a un corso di canto presso una scuola di musica locale. Dopo il lavoro, invece, andrò al cinema a vedere l’ultimo film con Viggo Mortensen.

Nel frattempo, la mia casella di posta e il mio social feed continua a riempirsi di possibilità che immancabilmente… mancherò.

Il motivo è che tutto è ricominciato: gli eventi all’aperto (ma anche al chiuso) e la voglia di “recuperare il tempo perduto” per socializzare, raccontarsi, mettere in pratica quanto imparato durante il lockdown.

L’effetto di questa situazione su di me è piuttosto forte, tanto da sentirmi sopraffatta. Overwhelmed.

In questi giorni ho pensato spesso a un’espressione inglese e al suo acronimo, cioè FOMO: Fear Of Missing Out. Si tratta della paura di “rimanere tagliati fuori” da una situazione sociale, per un desiderio di rimanere continuamente in contatto con le attività che fanno le altre persone.

Si è parlato tanto di FOMO proprio durante il lockdown, quando le persone hanno iniziato a riversarsi sui social per trovare punti di contatto ed è iniziata l’era dei webinar e dei corsi su Zoom, tutti facilmente accessibili e proprio per questo “assolutamente imperdibili”.

E ora che le cose di nuovo sono cambiate, mi sono chiesta se questa condizione non fosse solo una prerogativa dell’online, ma avesse in realtà a che fare con i desideri e gli obiettivi che si fissano nel lungo periodo e devono essere realizzati nella quotidianità.

Ti faccio alcuni esempi tratti dalla mia, di quotidianità. La mattina mi sento a disagio quando non ascolto la radio della BBC (ma perché ho smesso poi? Ah già, perché ho iniziato un nuovo podcast…), durante la giornata fatico a trovare un momento per fare i compiti di inglese che mi ha assegnato il mio insegnante e nelle sere che passo fuori casa (come stasera) penso che avrei invece potuto continuare la visione di quella serie inglese che mi aiuterebbe a migliorare le mie competenze d’ascolto.

E se la FOMO comporta la paura che le altre persone possano fare esperienze gratificanti senza di noi, io provo qualcosa di molto simile quando penso di aver fatto scelte che ostacolano il mio apprendimento dell’inglese e i vantaggi legati a esso, perché lo rallentano o lo evitano.

Non sto facendo abbastanza e quindi non sto ottenendo risultati. Perché non riesco a fare di più?

Ci ho pensato su e ho capito che il vero problema è che a guardare troppo avanti, ci si dimentica non solo di concentrarsi su quello che si ha di fronte agli occhi, ma anche di guardare indietro.

Se mi guardo indietro, effettivamente, in settimana ho letto un articolo molto interessante legato proprio a questo tema, ma in inglese. L’argomento mi interessava e quindi ho prestato attenzione al contenuto, piuttosto che alla forma, ma di fatto in quei minuti di lettura stavo stimolando le mie competenze di inglese.

Non ho fatto molto altro, a dire il vero, ma qualcosa ho fatto.

Nella mia città c’è un detto che dice “piuttosto che niente è meglio piuttosto”. Ed è piuttosto vero… non credi?

 

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L’inglese è davvero una lingua semplice?

Ottobre 9, 2021 by barbara Lascia un commento

Ce lo sentiamo ripetere continuamente: l’inglese è una lingua semplice. Se la confrontiamo con l’italiano, non ci mettiamo molto a realizzare che la coniugazione dei verbi segue regole semplici: la variazione avviene solo per la terza persona singolare, tutto il resto prosegue liscio senza poche variazioni (ok, ci sono i verbi irregolari, ma non sono poi così tanti come in italiano).

Eppure, quando abbiamo oramai imparato le basi scolastiche della lingua inglese e ci addentriamo nell’uso dell’inglese più pratico, ecco che tutte le nostre certezze crollano. E non sto parlando dei temuti phrasal verbs (anche quelli, ascoltandoli e utilizzandoli, alla fine si imparano). Piuttosto, sto parlando dello spelling.

Non so tu, ma io tutte le volte che una persona madrelingua inglese mi fa lo spelling del suo nome o della sua città, vado completamente nel pallone. Dopo la seconda lettera sono già persa. Con il tempo ho capito che non è un problema solo mio, ma riguarda tutti gli italiani che come me hanno imparato a leggere e a scrivere in una scuola italiana. Dopo aver imparato come funzionano “ch”, “sc”, “gn” e compagnia, il gioco è fatto e i dettati non sono più un problema.

Peccato che in inglese il gioco sia un po’ più complesso. Come spiegato in questo interessante articolo del Post, in inglese grafia e pronuncia sono tutt’altro che regolari e il motivo è piuttosto interessante.

Di fatto, tutto è legato alle conquiste delle popolazioni che hanno occupato l’isola britannica, anche se – dirai – anche l’Italia ha subito diverse influenze linguistiche legate alle conquiste di altri popoli.

Quello che accadde alla lingua inglese, rispetto alle altre lingue europee, fu l’avvento della stampa in un momento storico non proprio propizio dal punto di vista linguistico. Proprio mentre l’inglese parlato si stava fossilizzando in una forma scritta piuttosto regolare, nel 1066 arrivarono i normanni che parlavano francese e stabilirono quella lingua come ufficiale. Poco più di un secolo dopo arrivò la stampa ma, se l’inglese formale utilizzato dai monaci faceva riferimento al latino, l’inglese quotidiano parlato dalle persone non aveva fatto in tempo crearsi nessuno standard scritto a cui riferirsi.

Forse ora capisci perché l’inglese più “alto” risulta più semplice per noi italiani, che possiamo contare su una forte base latina, mentre quello più comune è un altro paio di maniche… vero?

Insomma, la prossima volta che qualcuno ti dirà che l’inglese è semplice e facile da imparare, prova a chiedergli di pronunciare questi nomi di città:

Greenwich, Leicester, Slough, Loughborough.

Se ne avrà azzeccati almeno tre, allora potrebbe essere un buon interlocutore per fare pratica in inglese. Se invece procederà per tentativi ed errori, allora potresti fargli leggere questo articolo per rincuorarlo. E magari offrirgli uno di questi consigli per imparare inglese!

Alla prossima 😉

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4 serie tv britanniche per imparare l’inglese (seconda parte)

Ottobre 1, 2021 by barbara Lascia un commento

La scorsa settimana ti ho parlato di 5 serie tv che ti consiglio di vedere se vuoi allenare l’orecchio a comprendere l’inglese britannico. Oggi continuiamo la lista con altre serie inglesi e un’eccezione…

1. Black Mirror

Da quando ho guardato tutti i 22 episodi indipendenti che compongono questa magnifica serie antologica inglese, la mia vita non è più la stessa. A dire il vero, basta anche solo un episodio per capire la potenza di questa produzione a cura di Charlie Brooker per Endemol Shine Group. In un futuro molto simile al nostro presente, la tecnologia ha dei risvolti tanto inquietanti quanto facili da immaginare e devo dire che, dal 2011 ad oggi, gli scenari di “Black Mirror” sembrano sempre più vicini alla (nostra) realtà.

2.The End of the F***ing World

Se ami il genere teen-nonsense (termine appena coniato da me, ma non saprei come altro definirlo) allora questa serie sarà pane per i tuoi denti. Per intenderci, potresti facilmente trovare delle somiglianze con le opere di Wes Anderson (sì, quello di “Grand Budapest Hotel”), specialmente “Moonrise Kingdom”. Come in questo film, anche “The End of the F***ing World” vede come protagonisti due ragazzini e la loro fuga, in circostanze tutt’altro che comuni e un’ironia un po’ british e un po’ semplicemente unica.

3.Downtown Abbey

Un salto nel passato – con eleganza – ed eccoci catapultati nell’Inghilterra degli anni 20, appena prima della Grande Guerra. In una ricca tenuta alle porte di Londra, vive una nobile famiglia le cui principali preoccupazioni sembrano essere la scelta delle pietanze per la cena e l’abito adatto per parteciparvi. Eppure, passando dai piani alti dei proprietari a quelli bassi del personale di servizio, c’è tutta una vita da scoprire che, sorprendentemente, non è poi così diversa dalla nostra.

4.Bridgerton

Stesso scenario (più territoriale che temporale) di Downton Abbey, con un taglio decisamente più piccante. Bridgerton è la serie in costume che ribalta la nostra visione della storia, senza alterarne il corso. Prima che mi assali con commenti contrariati, ti dico che… Sì, so che questa serie in realtà è americana. Perché l’ho inserita nella lista delle serie tv britanniche per imparare inglese? Perché penso che, dopo aver visto tutte quelle precedenti (anche queste) la lettura di un’americana sulla società inglese (la serie parla dell’alta società londinese ed è prodotta da Shonda Rhimes) non potrà che sorprenderti.

Vuoi segnalarmi la tua serie inglese preferita? Lascia un commento! | Oppure, leggi altri articoli.

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5 serie tv per imparare l’inglese, quello britannico (prima parte)

Settembre 23, 2021 by barbara Lascia un commento

Di serie americane abbiamo fatto incetta fin dai tempi di Supercar, Beverly Hills 90210 o Dawson’s Creek. E chi è troppo giovane per ricordarle, forse si sentirà a suo agio con The O.C. o Gossip Girl.

Qualunque sia la tua preferita, tutte queste serie hanno una cosa in comune: da un lato offrono uno spaccato della società americana dagli anni ’80 del secolo scorso ai 2000, dall’altro peccano di un enorme difetto…  sono state doppiate.

Grazie ai servizi di streaming, noi aspiranti poliglotti (ma anche solo acquisire una decente padronanza dell’inglese andrebbe bene, eh) non potremmo che esultare: finalmente un modo divertente per imparare l’inglese!

Eppure, dopo tante serie americane, qualche volta vorremmo ritornare ad ascoltare quella particolare parlata britannica che un po’ ci fa sorridere, ma tanto ci affascina.

E allora cominciamo. Ecco le cinque serie tv che ci aiuteranno a imparare (o migliorare) l’inglese, quello britannico.

1.Sex Education

Per gli amanti dei teen drama e per gli spiriti liberi, questa serie inglese si rivolge agli adolescenti senza peli sulla lingua e incuriosisce gli adulti che – attirati da una promessa educativa in stile documentaristico – si ritrovano immersi nel linguaggio dei ragazzi inglesi di oggi, lasciandosi sorprendere da abitudini tutte britanniche e vicende molto familiari!

2.Merlin

Un tuffo in un passato senza tempo, ma che ha segnato il nostro passato: chi non conosce la storia di Camelot e Re Artù? Questa originale serie, ormai piuttosto datata, offre una prospettiva inedita su un personaggio, quello di Mago Merlino, quando non aveva ancora né barba né cappello. Il contesto circoscritto, e così lessico e linguaggio, rende tutte e cinque le stagioni della serie utili esercizi di comprensione anche per principianti.

3.Fleabag

Piccolo capolavoro dell’attrice e sceneggiatrice britannica Phoebe Waller-Bridge, in due stagioni Fleabag riesce a sconvolgere, commuovere e far ridere a crepapelle grazie a uno dei migliori esempi di umorismo inglese. Il ritmo incalzante dei dialoghi, intervallato da silenzi riempiti dall’espressività dei personaggi, rende la serie fruibile tanto da chi si approccia per la prima volta alla lingua originale quanto da chi non può già più farne a meno. La brevità di ciascun episodio fa il resto (specialmente perché, non appena ci si accorge che è già finita, la si vuole guardare di nuovo!).

4.Broadchurch

Questa serie è una chicca scoperta quando Netflix era appena “uscito” in Italia e il suo catalogo era ancora tutto da esplorare. E se in Italia rimane sconosciuta ai più, nel Regno Unito ha letteralmente spopolato: questo crime drama inglese lascia incollati allo schermo sia gli amanti dei gialli, sia tutti coloro che – volente o nolente – non possono fare a meno di pensare che quella cittadina di nome Broadchurch non sia poi così diversa dalla loro…

5.The Crown

E per concludere questa (prima) lista di serie tv britanniche da guardare in lingua originale per migliorare l’inglese, non potevo che citare la pluripremiata The Crown, dove ritrovare una Olivia Colman all’apice della sua carriera (l’hai riconosciuta anche in Broadchurch, vero?). Con il suo (amato) ritmo lento e (altrettanto amato) linguaggio formale, la serie accompagna lo spettatore in un viaggio nella storia contemporanea da una prospettiva inedita e affascinante, rammendandogli in ogni episodio che la storia in fondo è semplice: never complain, never explain.

Non hai trovato quello che fa per te? Ne riparliamo la prossima settimana, con altre 4 serie tv per imparare inglese. Quello britannico, eh!

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Il modello S.M.A.R.T. per definire obiettivi linguistici

Settembre 15, 2021 by barbara Lascia un commento

Come promesso l’ultima volta, vediamo oggi come applicare il modello S.M.A.R.T. per definire obiettivi linguistici. Detto in altre parole, ecco come un generico “voglio imparare inglese” può essere declinato nello specifico. Prenderemo come esempio la mia situazione personale: un imminente trasferimento a Londra…

Le caratteristiche degli obiettivi secondo il modello S.M.A.R.T.

Come sai, S.M.A.R.T è un acronimo in cui ogni lettera corrisponde a una caratteristica che tutti gli obiettivi dovrebbero avere affinché possano realizzarsi. Vediamoli uno per uno!

  • Specificità

Per rendere un obiettivo specifico, ci si può aiutare con il modello delle 5W, ovvero delle 5 domande:

What – Cosa voglio realizzare? 
Why – Perché questo obiettivo è importante?
Who – Chi è coinvolto? 
Where – Dove si trova? 
Which – Quali risorse o limiti sono coinvolti?

Mentre rispondevo alle domande, ho capito molte cose. Per esempio, mi sono resa conto che il mio obiettivo linguistico non riguarda l’ambito lavorativo, ma relazionale e che l’ambito lessicale su cui ho bisogno di lavorare riguarda il tempo libero.

  • Misurabilità

L’obiettivo dev’essere misurabile, cioè quantificabile. Per esempio, se volessi frequentare un corso di tango argentino a Londra (una mia grande passione), potrei cominciare a leggere articoli, guardare video e ascoltare podcast a riguardo. Potrei cominciare con contenuti più brevi e poi aumentare la durata. Dopo una settimana (o un mese) potrei ritornare sui vecchi contenuti per verificare il mio progresso nella comprensione. Per fare questo, dovrei tenerne traccia. Infatti, il modo migliore per avere successo nella misurazione del raggiungimento del proprio obiettivo è essere in grado di voltarsi a guardare la strada percorsa. Un diario, un foglio excel o un documento di Google Drive fanno il loro lavoro in modo eccellente. Tutto dipende da quanto sei tecnologico/a 😉

  • Realizzabilità (Achievable)

L’obiettivo deve essere concretamente attuabile. Nel mio caso, sarebbe irrealistico (e inutile) credere di raggiungere una sicurezza linguistica tale da permettermi non solo di ambientarmi senza fatica in una nuova città, ma anche di trovare il tempo per frequentare diversi corsi tematici e farmi subito nuovi amici con cui uscire tutte le sere (e magari contemporaneamente non avere più bisogno di lavorare, eh?). Insomma, è importante scegliere: meglio fare poco ma farlo bene, che fare tanto ma farlo male. Mai sentita l’espressione less is more?

  • Rilevanza

L’obiettivo deve essere rilevante, cioè deve apportare una beneficio alla nostra vita, rispetto a quella che è la fase della vita che stiamo vivendo. In altre parole, bisogna darsi delle priorità, una cosa che ammetto di non essere mai stata molto brava a fare. Per esempio, poco tempo fa mi sono impuntata sul voler frequentare un corso di laurea. Di nuovo. Il problema è che non dispongo più della libertà che avevo in passato e ora le mie priorità sono cambiate. Per quanto sia una ferma sostenitrice del diritto all’istruzione senza limiti di età, mi sono accorta che quell’obiettivo per me non fosse abbastanza rilevante e che avrei quindi fallito nel perseguirlo.

  • Scadenza (Time Bound)

Bisogna darsi delle scadenze, delle deadline. Certo, questo è più semplice quando esiste una circostanza esterna che ci fornisce una prima indicazione, come per esempio nel mio caso: il 24 gennaio 2022 mi trasferirò a Londra. Ottimo, ma non basta. Infatti, gli obiettivi dovrebbero essere strutturati in sotto-obiettivi con relative sotto-scandenze. Facile a dirsi, vero? E allora, proviamo a fare un esempio, applicato al mio caso. Alcune attività che potrei fare sono: leggere un articolo di giornale in inglese due volte a settimana, ascoltare un podcast in inglese per 5 minuti al giorno, guardare un film in inglese tre volte a settimana… e così via. L’ideale sarebbe cominciare con un’attività e poi incrementarne altre in modo graduale: in questo modo ci si dà il tempo per crearsi una routine virtuosa, senza strafare.

Ok, abbiamo sbobinato per bene le quattro caratteristiche del modello (o metodo) S.M.A.R.T. Come ti è sembrato questo lavoro? Riusciresti ad applicarlo al tuo caso personale?

Lascia un commento per raccontarcelo oppure leggi altri articoli.

Noi ci sentiamo presto, have a nice day!

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Come si fissano gli obiettivi?

Settembre 9, 2021 by barbara Lascia un commento

L’ultima volta che ci siamo sentiti, ti avevo confessato di non aver compreso l’importanza di definire degli obiettivi linguistici nel mio percorso di apprendimento dell’inglese.

Oggi tutti i nodi vengono al pettine, perché il mio insegnante di inglese mi ha rivolto per la seconda volta la stessa richiesta: “Think about what you’d like to achieve” e io non posso deluderlo per la seconda volta.

Definire gli obiettivi non è una cosa facile: bisogna innanzi tutto definire il punto di partenza e poi definire le caratteristiche degli obiettivi.

Definire il punto di partenza

Definire il proprio personalissimo punto di partenza nel percorso di apprendimento dell’inglese significa acquisire la consapevolezza della quantità e della qualità delle informazioni che già si conoscono e di quali sono i propri punti deboli.

Attenzione, perché qui c’è un punto molto importante da considerare. Infatti, la dicotomia non è tra cosa si conosce e cosa non si conosce (ci sarà sempre qualcosa che non conosciamo!), piuttosto, la questione è: all’interno delle nostre conoscenze dell’inglese, cosa salviamo da approfondire e cosa invece possiamo trascurare?

Come forse ricordi, tra qualche mese mi trasferirò a Londra e sono piuttosto preoccupata di non riuscire a integrarmi in un nuovo ambiente non tanto per la mia incapacità di esprimermi, quanto per la mia difficoltà di comprensione. Ed eccolo qui, il mio punto debole.

Definire le caratteristiche degli obiettivi

Una volta ristretto il campo, dobbiamo fermarci un attimo per definire i nostri obiettivi in modo sostenibile e intelligente, cioè smart. Questa parola non è casuale, infatti fa riferimento a un modello economico ideato negli anni Ottanta del secolo scorso sulla base degli studi di Edwin Locke: il modello S.M.A.R.T.

Secondo questo modello, per fare in modo che gli obiettivi fissati verranno effettivamente raggiunti, questi devono essere:

Specific – Specifici
Measurable – Misurabili
Achievable – Realizzabili
Relevant – Rilevanti
Time Bound – Scadenzati

Ok, ora è chiaro che non basta dire “Voglio imparare a comprendere l’inglese”, perché  non è abbastanza specifico, né misurabile o rilevante.

Come declinerò il mio obiettivo in base a queste caratteristiche?

La prossima settimana proverò a farlo, passo per passo, insieme a te. Nel frattempo, ti invito a fare lo stesso e a ragionare insieme, confrontandoci attraverso i commenti. A prestissimo!

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Qual è il tuo punto debole?

Settembre 2, 2021 by barbara Lascia un commento

Quando l’anno scorso ho iniziato le mie prime lezioni di inglese online con un insegnante madrelingua, lui continuava a insistere nel chiedermi quali fossero i miei obiettivi.

Da insegnante esperto quale è, non si accontentava del mio “voglio migliorare il mio inglese” e, anzi, quando ho azzardato a suggerirgli che forse spetta all’insegnante definire gli obiettivi del corso, è andato su tutte le furie.

“Se non hai in mente dove vuoi andare, non arriverai da nessuna parte” mi diceva. E io annuivo, pensando di capire. Ma non avevo capito proprio un bel niente.

Una volta concluso il corso, ho cercato di continuare a studiare in modo autonomo. Beh, forse “studiare” è una parola grossa. Diciamo pure che ho cercato (e spesso trovato, come ti dico qui) modi alternativi di imparare l’inglese. Ho riflettuto molto sul mio ruolo di apprendente e, soprattutto, su quali fossero i miei obiettivi. Ma, di nuovo, finivo col formularli in modo troppo generico: “Diventare più fluente”, “Capire tutto quello mi viene detto”… e così via.

Quest’estate sono stata a un matrimonio in cui erano presenti molti ospiti stranieri e per comunicare in gruppo era necessario utilizzare l’inglese.

Gli scambi erano velocissimi, tanto che faticavo a seguire l’andamento delle conversazioni al 100%, ma riuscivo comunque a comprendere il quadro generale. Cercavo di impegnarmi a stare al passo, per rendermi simpatica agli occhi di queste nuove persone brillanti che mi trovavo di fronte.

A un certo punto, abbiamo tutti assistito a una scena divertente e una ragazza ha detto “I’m peeing in my pants!” che, parafrasando in italiano, significa “Me la sto facendo addosso”. Dal ridere, ovviamente.

Con il mio solito tempismo e la mia consueta ingenuità, ho pensato bene di ribattere: “You don’t wear pants.”

Cosa è successo? Un enorme misunderstanding che poteva essere evitato. Poteva, appunto.

Per comprenderlo, focalizziamoci sulla parola chiave e cioè “pants”. In inglese, questa parola ha un duplice significato: può significare “pantaloni” (suona così anche in italiano, no?) ma anche “mutande”. Di solito il primo uso è quello americano e il secondo è britannico, ma per lo più lo si deduce dal contesto.

Ora capisci che questa povera ragazza si è sentita dire da una perfetta sconosciuta “Tu non indossi le mutande”.

Non so dirti quale rocambolesco tentativo di risultare simpatica stessi tentando (ovviamente volevo dirle “tu non indossi i pantaloni, ma un vestito!”), fatto sta che il risultato è stato disastroso.

Questo vergognoso episodio (l’ennesimo e sicuramente non ultimo di una lunga serie) mi ha fatto capire alcune cose:

  1. Che l’ironia prevede un livello di competenza linguistica molto alto, il più alto! Ma anche competenze socio-culturali da non sottovalutare (Chi è la persona a cui ci stiamo rivolgendo? Qual è il suo vissuto? Qual è l'”implicito” necessario affinché l’ironia risulti efficace?)
  2. Che sbagliando, si impara (eh sì, magra consolazione!)
  3. Che ho finalmente trovato il mio obiettivo, quello su cui voglio lavorare per migliorare davvero il mio inglese: il mio punto debole.

Dopo questa figuraccia (meglio se non ti racconto le altre) ho ammesso a me stessa che il mio punto debole sono le formule di cortesia in inglese. Mi riferisco a tutte quelle consuetudini linguistiche, frasi di circostanza ed esclamazioni che ci proteggono dagli “scivoloni” e ci fanno fare la figura di chi sa stare al mondo.

Come ci si presenta a una persona inglese la prima volta? Cosa è lecito chiederle? Cosa si dovrebbe evitare di dirle? Quali frasi usare per commentare una sua affermazione? Come si reagisce a una battuta? Come si passa agilmente da un argomento scomodo a uno più sicuro?

Nella sezione “Conversazione” ho trovato alcuni spunti utili, per tutto il resto, continuerò a provare a immergermi nella lingua il più possibile… e a imparare dai miei errori.

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