Vivo a Londra da quasi sei mesi e rimarrò qui per, almeno, i prossimi due anni. Avevo pianificato di scrivere questo articolo a un anno dal mio trasferimento, prima di accorgermi che sarebbe stato troppo tardi. Sì, perché con il passare del tempo tutti quei piccolo “shock culturali” che inizialmente sorprendono e stimolano interessanti riflessioni… passano in secondo piano. Si comincia ad abituarsi a un nuovo modo di vivere, a una nuova lingua, a una nuova quotidianità. Ecco perché, ancora “fresca di Italia”, vorrei raccontarvi la mia esperienza da expat e in particolare quello che ho scoperto sulla lingua inglese.
La televisione
Il mio primo approccio con la lingua inglese è stato attraverso la tv, in particolare la BBC. All’inizio, avevo bisogno dei sottotitoli per riuscire a cogliere cosa stesse succedendo in un certo programma e poi, piano piano, ho avuto il coraggio di toglierli e… Magia! Non è andata poi così male. Certo, mi sono messa l’anima in pace con la consapevolezza di non riuscire a capire il 100% dei discorsi. Tuttavia, questo esperimento ha confermato il principio secondo cui tanto più ci si espone a una lingua, tanto più velocemente la si acquisisce. E questa attività, con uno sforzo in più, può essere messa in pratica anche dall’Italia.
Gli inglesi e gli altri
Me l’avevano detto, ma io finché non vedo non credo. Ora lo confermo: a Londra, gli inglesi, non esistono. O se esistono, rimangono una percentuale inferiore rispetto alle numerose comunità di immigrati che hanno scelto di fare di questa città la loro casa, per periodi di tempo più o meno lunghi. Indiani, italiani, francesi, cinesi, arabi colorano le strade con i loro vestiti e i loro accenti diversi. E tutta questa diversità è ben integrata in città, specialmente nel mondo del lavoro. Non è raro essere visitati da dottoresse che indossano il velo o citofonati da fattorini che, con il loro accento rumeno, si fermano a fare due chiacchiere su quanto amino l’Italia (gli italiani li riconoscono a vista d’occhio!). Quello che più mi piace di questa società multietnica è che l’integrazione è parte del tessuto urbano-amministrativo. C’è una frase presente in molti vagoni della metropolitana che cito spesso volentieri: “Not all disabilities are visible“.
L’understatement
C’è una famosa frase attribuita alla regina che dice: “Never complain, never explain“. In quattro parole, viene rappresentato efficacemente quell’atteggiamento composto che minimizza i drammi e non si preoccupa di dare spiegazioni. Ecco, io questo mood l’ho ritrovato in molte situazione vissute qui in Inghilterra, specialmente nelle relazioni sociali e lavorative. Gli inglesi possono parlare di gravi questioni affrontando l’argomento in una manciata di battute e senza aspettarsi grande esternazione di sentimenti da parte degli interlocutori. I sentimenti, piuttosto, sono relegati alla sfera della confusione adolescenziale o, ancora meglio, all’ambiente teatrale che li eleva per la messa in scena. I drammi, le passioni e i litigi plateali… meglio guardarli nelle fiction italiane che trasmette la BBC!
Non è come ti insegnano a scuola
A meno che non abbiate avuto la fortuna di avere un’insegnante madrelingua inglese alle scuole superiori, una volta nel Regno Unito scoprirete presto anche voi che l’inglese che ti insegnano a scuola è molto diverso da quello parlato quotidianamente in una città inglese. Per fare qualche esempio: Cosa ci si sente rispondere quando si ringrazia uno sconosciuto per una gentilezza, come il vicino che tiene aperta la porta? “Cheers“. O ancora, cosa si dovrebbe imparare a fare subito dopo aver salutato qualcuno entrando per esempio in un locale? Ecco la formula consueta: “Hello/Hi/Good morning! How are you?”. E, mi raccomando, che non venga in mente di andare oltre un “I‘m good, thanks, you?” nella risposta. Perché a nessuno importa davvero come stai (ed ecco che torna l’understatement).
Una gentilezza inaudita
In generale, gli abitanti del Regno Unito – che siano inglesi di nascita o acquisiti – adottano comportamenti estremamente educati e gentili in ogni situazione sociale. Questo, nella lingua, si traduce con un abbondante uso di parole quali “please” e “thank you” (ed è sempre meglio metterne una di più che una di meno!).
E per oggi è tutto, ma – se questo articolo vi è piaciuto – vedrò di aggiornarvi nei prossimi mesi con altre cose che ho imparato vivendo nel Regno Unito. Sono certa di avere ancora molto da scoprire!